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giovedì 9 novembre 2023

[Notizie] ENI contro Greenpeace in tribunale

Le assurde temperature patite l'estate scorsa sono dipese dall'emergenza climatica ed ENI, una delle compagnie responsabili, ha attaccato Greenpeace e ReCommon per aver chiesto una concreta strategia di decarbonizzazione. Vediamo come stanno le cose di una vicenda già nota ai lettori del blog.


Dietro l'aggressività di ENI, che ha deciso di intentare una causa di risarcimento danni per diffamazione, credendo di spaventare il fronte ambientalista, quando probabilmente sono loro ad avere paura. Per cui la battaglia contro i cambiamenti climatici non si piega di fronte allo strapotere di aziende del fossile interessate solo al profitto mentre il prezzo della crisi climatica viene pagato caro dalle persone!

Catastrofi climatiche sempre più frequenti e devastanti stanno danneggiando i nostri territori, le nostre case e la nostra economia mentre l'ambiente intorno, ferito dalla stravolgimenti climatici, diventa irriconoscibile e ostile per animali e persone. Incendi, alluvioni, siccità non sono più casi eccezionali, ma eventi che rischiano di diventare normalità anche nel nostro Paese. Dinanzi a tale scenario, le intimidazioni di ENI hanno un solo effetto: motivare ad andare avanti con più forza.

La posta in gioco è davvero molto alta: riguarda noi, il presente, e ancora di più le prossime generazioni, il cui futuro non è mai stato così incerto. Per questa ragione, lo scorso 10 maggio, insieme a 12 cittadine e cittadini, Greenpeace ha lanciato una causa civile al Tribunale di Roma contro il gigante fossile, per chiedere un cambiamento della politica industriale di ENI e l'accertamento dei danni derivanti dai cambiamenti climatici, a cui ENI ha contribuito negli ultimi decenni, continuando a investire nei combustibili fossili.

A sostegno della causa civile, Greenpeace e Recommon hanno diffuso il rapporto "ENI sapeva" che dimostra come, sin dagli anni '70 il colosso italiano dell'energia metteva in guardia sui possibili impatti distruttivi sul clima derivanti dalla combustione delle fonti fossili. Malgrado questa consapevolezza, l'azienda continua ancora oggi a investire principalmente sull'estrazione e lo sfruttamento di petrolio e gas, contribuendo alla crisi climatica che sta stravolgendo le nostre vite attraverso:

  • incendi incontrollabili in Sicilia;
  • ondate di calore con picchi di quasi 50 gradi in alcune città;
  • inondazioni che hanno colpito diverse regioni del nostro Paese;
  • oltre 70 eventi estremi in Italia nei primi 8 mesi del 2023 (fonte: Osservatorio Città Clima di Legambiente).

Per non parlare degli altri Paesi d’Europa e del resto del globo!

In questo drammatico scenario globale che esige un cambio di rotta urgente nelle politiche energetiche, ENI minaccia e prova a intimidire gli ambientalisti chiedendo loro un ingente risarcimento per diffamazione, quando da ricerche svolte negli scorsi mesi sono venuti alla luce documenti ora raccolti nel rapporto "ENI sapeva". Ma c'è dell'altro: l'indagine ha scoperto che sin dalla prima metà degli anni Settanta, ENI ha fatto parte dell'IPIECA, un'organizzazione fondata da compagnie petrolifere internazionali che a partire dagli anni Ottanta avrebbe consentito al gigante petrolifero Exxon di coordinare "una campagna internazionale per contestare la scienza del clima e indebolire le politiche internazionali sul clima".

Non possiamo restare a guardare il nostro Pianeta che va a fuoco o che viene costantemente alluvionato causando incredibili danni patrimoniali, ma soprattutto la perdita di vite innocenti, solo per il profitto di pochi!

(Tratto dalla newsletter di Chiara Campione, Climate Unit Head Greenpeace Italia)

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