Siamo alla terza puntata della guerra giudiziaria tra ENI e Greenpeace: torno sull'argomento perché adesso è il colosso dell'energia (e delle emissioni di anidride carbonica nell'atmosfera) a muovere causa all'organizzazione ambientalista e a ReCommon (un'associazione che lotta contro gli abusi di potere).
Secondo ENI, le due organizzazioni avrebbero messo in piedi "una campagna d’odio" nei confronti dell'azienda.
La citazione in giudizio di ENI nei confronti di Greenpeace Italia e ReCommon è un tentativo di distogliere l'attenzione dalla causa climatica intentata più di un anno fa nei confronti dell'azienda, insieme a cittadine e cittadini italiani. ENI, con questa mossa, ha deciso di reagire scompostamente, per distrarre ancora una volta, con l'ennesimo espediente narrativo, l'attenzione dal suo chiaro e dimostrato contributo alla crisi climatica in corso.
Cercando di reprimere le denunce o le proteste a tutela del clima, le aziende fossili come ENI ci stanno spingendo più a fondo nella crisi ambientale, ma stanno anche minacciando valori fondamentali della nostra società come democrazia, libertà di parola e diritto a un pianeta vivibile.
Greenpeace non intende fermarsi e con ancora più forza e determinazione, continuerà a difendere il clima, il nostro presente e il nostro futuro. Questa lotta non è solo per chi fa attivismo, ma per chiunque ami questo pianeta, la nostra casa comune. È una battaglia per l'aria che respiriamo, per l'acqua che beviamo, e per la sicurezza nostra e delle persone a cui vogliamo bene.
(Tratto dalla newsletter di Greenpeace Italia)
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