Nuovo capitolo di una "guerra" di cui si parla poco rispetto ad altre, ma che può avere un impatto ambientale devastante: la ben nota causa mossa da ENI contro Greenpeace e ReCommon.
A settembre ENI ha portato in tribunale Greenpeace Italia, Greenpeace Paesi Bassi e ReCommon perché hanno denunciato le gravi responsabilità del colosso petrolifero nella crisi climatica. In questi ultimi anni Greenpeace ha denunciato ripetutamente l'impatto di ENI sul clima.
L'azienda, che pratica costantemente "ecologia di facciata", ha continuato a produrre petrolio e gas, causando ondate di calore mortali, siccità, inondazioni e malattie, mentre, in realtà, investe pochissimo nelle energie rinnovabili.
Il giudice ha fissato la seconda udienza a gennaio 2026, spostando ancora più avanti il suo verdetto per la giustizia climatica.
La causa in corso è una SLAPP, una strategia legale pensata per intimidire ONG, giornalisti e attivisti, con l'obiettivo non di vincere in tribunale, ma di consumare tempo, energie e risorse, distogliendo l'attenzione dai danni ambientali dell'azienda! Poiché la documentazione che dimostra le responsabilità di ENI è agli atti!
ENI ha paura dei successi ottenuti negli ultimi anni da Greenpeace, che ha avuto ragione:
- nel 2023 contro Shell che aveva avviato una causa intimidatoria contro Greenpeace UK e Greenpeace International, chiedendo un risarcimento danni di 1 milione di dollari;
- il 19 marzo scorso, contro una giuria della contea di Morton (North Dakota) che aveva ritenuto Greenpeace responsabile di danni per oltre 660 milioni di dollari;
- il 16 maggio scorso, contro la compagnia energetica statale rumena Romgaz aveva annunciato la sua intenzione di chiudere Greenpeace Romania tramite azioni risarcitorie.
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