Oggi torno a parlare degli allevamenti di pesci, perché a partire dal 2020 oltre 130.000 attivisti di CIWF hanno intrapreso 450.000 azioni di richiesta di migliori standard di benessere per i pesci, i più dimenticati tra gli animali allevati a fini alimentari, rivolgendosi alle cinque principali etichette internazionali di certificazione dei prodotti ittici.
Negli allevamenti, i pesci spesso vivono vite piene di sofferenza che terminano con una morte dolorosa, e lo schema Best Aquaculture Practices (BAP) non fa abbastanza per proteggere da questa crudele realtà gli animali che certifica.
BAP infatti certifica con il suo marchio ben mezzo miliardo di pesci ogni anno, ognuno dei quali merita una vita degna di essere vissuta, ma per moltissimi di questi pesci la certificazione BAP non offre nessuna protezione da una vita di sofferenze.
Lo schema di certificazione, gestito dall’azienda Global Seafood Alliance, promette prodotti ittici provenienti da allevamenti "sicuri, responsabili ed etici", eppure la certificazione BAP consente ancora pratiche crudeli come:
- metodi di macellazione che comportano una morte lenta e dolorosa;
- l’allevamento in gabbie sottomarine, vasche anguste e sovraffollate;
- tenere i pesci a digiuno per giorni o intere settimane.
Allevamenti intensivi ovunque, purtroppo la situazione peggiora sempre di più
RispondiEliminaOltre alla beffa delle promesse non mantenute, ma tornerò sull'argomento.
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